A Padova, si sa, non ci facciamo mancare nulla. Ad esempio, se pensate di dover andare fino in Scandinavia per vedere un'aurora boreale vi sbagliate di grosso. Infatti il 22 gennaio 1957 il «Corriere della Sera» intitolava un articolo nella sezione "ultimissime" notizie: Grandiosa aurora boreale osservata nel! 'Italia del Nord. Il fatto non era nuovo a Padova, dove otto anni prima quasi alla stessa data, ovvero intorno alla mezzanotte fra il 25 e il 26 gennaio '49, in molti avvistarono una favolosa aurora boreale monocolore. Quella notte il cielo era rosso come per il riflesso di un incendio, ma di un rosso più cupo e fermo rispetto a quello delle fiamme, senza bagliori o guizzi. L'estensione non era sempre uguale, ma variava in larghezza con una zona centrale più accentuata. La luce poi si attenuò bruscamente e scomparve, lasciando attoniti i fortunati osservatori. Successivamente il «Corriere» dedicò ampio spazio all'evento, scrivendo delle reazioni di terrore degli spettatori. In due paesini del bergamasco si sparse la voce di un'invasione aliena, mentre altrove le persone cominciarono ad abbandonare le loro case munite di valigie ricolme di vestiti. Per andare dove? Chissà! E chissà quali altre teorie passarono per la testa dei fortunati osservatori, viste le spiegazioni che negli anni vennero proposte dai vari popoli. Secondo la mitologia degli antichi finnici, per esempio, l'aurora boreale era una volpe che scappava per il cielo con la coda in fiamme. I vichinghi pensavano invece che si trattasse di luce solare che si rispecchiava sugli scudi delle Valchirie. I vecchi svedesi la paragonavano ai riflessi di un branco di aringhe, mentre tra i sami della Lapponia c'era la credenza che si trattasse di spiriti benefici, guide celesti inviate ad aiutare chi era morto di morte violenta e voleva raggiungere la pace dell'aldilà. Ma i miei preferiti sono gli inuit, che pensavano si trattasse di un gioco di spiriti che si tirano a mo' di palla un tricheco nel cielo. E lo sapete chi fu a darle il suo nome attuale? Proprio il nostro amico Galileo Galilei, padovano per adozione, che nel 1618 per questo nome decise di ispirarsi ad Aurora, la dea romana dell'alba, e a Boreas, il dio greco del vento di settentrione. Fortunatamente, il giornale riportò anche il giudizio degli astronomi, che spiegarono come lo spettacolare fenomeno sarebbe stato causato da corpuscoli provenienti dal Sole. Fine della poesia, anche se la certezza di cosa esattamente accadde quelle notti nel cielo di Padovano ci fu mai. Gli asiatici credono che chi viene concepito durante un'aurora boreale sia nato sotto una buona stella, speriamo perciò che allora nel marasma generale qualcuno abbia deciso di rimanere a casa.
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tratto da "Misteri e storie insolite di Padova" -Newton Comption editori |